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Qualunquemente tra film comico e amara realtà

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Durante il week end sono stato uno delle migliaia di italiani che sono andati al cinema per vedere l’ultimo film di Antonio Albanese, per la regia di Giulio Manfredonia, intitolato “Qualunquemente”.

La storia da tutti è ormai nota: “Cetto La Qualunque”, ritorna nel suo paesino in Calabria da un periodo di latitanza, egli è nei modi e nelle condotte: ignorante, volgare, disonesto, corrotto, ma soprattutto rappresenta, per l’anti-Stato un ottimo candidato alla carica di Sindaco. Il protagonista verrà candidato per l’elezioni comunali, sarà supportato da un consulente d’immagine e gli elettori prenderanno piccole regalie in cambio del loro voto. Comizi anetici e condotte mafiose saranno il filo conduttore della campagna politica”

Durante i 96 minuti mi sono divertito e come me gli oltre duecento spettatori presenti, risate e sorrisi hanno accompagnato in modo spensierato la visione cinematografica. L’incubo, tuttavia, si è manifestato al termine dello spettacolo, quando accese le luci ognuno si è avviato verso l’uscita.

Nei corridoi che permettevano il deflusso del pubblico è stato percepibile il passaggio in pochi secondi dal ridondante chiacchiericcio improntato su “Cchiù pilu pe’ tutti”, slogan più volte ripetuto durante il film e oggetto di scherzo tra i presenti, al successivo silenzio quando ognuno si è perso nell’amara analisi di quanto questo film – apparentemente comico –descriva i valori dell’attuale società che se pur caratterizzata nel meridione d’Italia, non potrei giurare ed escludere che possa essere drammaticamente presente anche al nord del Paese.

Il film ha il merito di rappresentare l’attuale valore dell’Italia: disprezzo per il prossimo, mancanza di rispetto per le opere d’arte, per l’ambiente, corruzione dei media, persuasione di massa, corruzione e imbrogli elettorali.

L’aspetto amaro e che lo spettatore sembra percepire il disastro sociale, tuttavia ne resta inerme, arreso e legato all’alibi che “nulla può cambiare”.

Il film, in alcune sue parti, ricorre in modo palese alla satira politica ed è evidente che, alcuni personaggi e qualche situazione, trovi analogo corrispettivo nella realtà nell’attuale panorama politico.

Tutto ciò, sebbene di estrema valenza per alcuni, è il dato che paradossalmente meno mi impensierisce in quanto nel film la vera tragedia è rappresentata dal popolo-elettore che si dimostra anestetizzato e incapace di reagire in favore della legalità, dello Stato, delle istituzioni.

Un elettorato asservito che sceglie la strada più semplice, quella che ripaga all’istante (illegalità), ma non nel futuro.

Se pur generata da film diversi, l’atmosfera percepita al termine del film è la stessa che ho avvertito quando ho visto il film Gomorra di Roberto Saviano, anche in quell’occasione tra lo stupore generale gli spettatori finivano per interrogarsi sgomenti sulle ragioni per le quali si è perso un territorio, il futuro per i suoi giovani, il senso dello Stato.

Il film di Antonio Albanese fa ridere è vero, fa pensare è vero, ma se a queste provocazioni non seguiranno forti conquiste di coscienza collettiva il nostro Paese è destinato a mutare nella mappa dei valori e, credetemi, non sarà certamente in meglio.


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